Diritto di famiglia.

La separazione.

Per la fase della crisi coniugale l’ordinamento prevede una articolata disciplina. È possibile ricorrere al giudice quando i coniugi siano in disaccordo in ordine a questioni che attengono l’indirizzo della vita familiare, oppure a scelte che attengono la vita dei minori. Ma è altresì prevista la possibilità di ottenere determinati provvedimenti allorquando la prosecuzione della convivenza sia divenuta insostenibile, o quando il conflitto si divenuto insanabile e la comunione di vita sia perciò venuta meno.

La separazione è allora un rimedio per il caso in cui si ritenga ormai impossibile la prosecuzione della convivenza tra i coniugi. Distinguiamo tre forme di separazione: 1) separazione consensuale, che presenta come presupposto l’accordo dei coniugi di vivere separati e l’accordo sulla regolamentazione dei rapporti personali e patrimoniali, ivi incluse le questioni attinenti l’eventuale prole. Tuttavia, tale accordo non risulterà sufficiente a produrre effetti, rendendosi indispensabile l’omologazione giudiziale. In tal caso il giudice verificherà anche la legalità degli accordi indicati dai coniugi. Trattiamo quindi di uno strumento che permette di conciliare l’autonomia dei coniugi con l’esigenza di controllo pubblico, con approfondita tutela del preminente interesse dei minori o, comunque, diretta ad evitare eventuali approfittamenti a discapito del coniuge debole. 2) separazione giudiziale: all’art. 151 c.c. si individua nei fatti che rendono intollerabile la prosecuzione della convivenza, o tali da arrecare grave pregiudizio all’educazione della prole, il generico presupposto che legittima il giudice a pronunciare la separazione dei coniugi. Alla separazione personale dei coniugi si potrà dunque giungere in ragione della obiettiva intollerabilità della convivenza ed a prescindere da un giudizio di colpa – elemento che acquista rilevanza ai fini della dichiarazione di addebitabilità. Ci si riferisce, in ogni caso, a gravi violazioni dei doveri coniugali, a fatti impeditivi della convivenza o a fatti che ledono la comunione tra i coniugi. Il procedimento presenta la forma ed i caratteri del giudizio di cognizione. 3) separazione di fatto: in tal caso, ed indipendentemente da una domanda introduttiva di un giudizio, le parti decidono di separarsi senza alcuna formalità, di comune accordo o con la tolleranza di uno dei coniugi. Quando si tratta di separazione di fatto non si produce l’effetto di sospensione degli obblighi matrimoniali. Dunque, all’origine della decisione di vivere separatamente, vi deve essere un accordo dei coniugi di porre fine alla convivenza. Ci si potrebbe anche riferire all’ipotesi di abbandono unilaterale della residenza familiare da parte di uno dei coniugi, con successivo consenso, o comunque con l’acquiescenza, del coniuge abbandonato. In tal caso tuttavia, è bene distinguere tale forma di separazione dall’allontanamento ingiustificato di cui all’art. 146 c.c. Come anticipato, la separazione di fatto dei coniugi produce effetti limitati, disciplinati da singole norme di legge, solo in parte assimilabili a quelli scaturenti dalla separazione giudiziale o consensuale omologata.

Torna a diritto di famiglia.