Diritto di famiglia.

Il divorzio.

Il divorzio porta allo scioglimento del matrimonio o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, con contestuale perdita dello status di coniuge.

Il giudice dovrà necessariamente verificare la sussistenza di una delle cause indicate all’art. 3 della legge 898/70:

1) Sussistenza di una condanna passata in giudicato all’ergastolo o ad una pena superiore ai quindici anni, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale o sociale;

2) Condanna a qualsiasi pena detentiva per i reati di incesto, violenza sessuale, o per induzione, costrizione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione;

3) Condanna a qualsiasi pena detentiva per omicidio volontario di un figlio ovvero per tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio;

4) Condanna a qualsiasi pena detentiva per lesioni personali gravissime, per violazione degli obblighi di assistenza familiare, per maltrattamenti in famiglia o per circonvenzione di incapaci in danno del coniuge o del figlio;

5) Sussistenza di una sentenza di assoluzione per vizio totale di mente per uno dei reati di cui al punto 2 ed al punto 3, laddove il giudice accerti l’inidoneità del coniuge a mantenere o a ricostruire la convivenza familiare;

6) Sussistenza di una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato in relazione ai delitti di cui al punto 2 ed al punto 3, laddove il giudice accerti che per le azioni commesse sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;

7) Sussistenza di una sentenza di proscioglimento o di assoluzione relativa al delitto di incesto che dichiari il fatto non punibile per mancanza di pubblico scandalo;

8) Mancata consumazione del matrimonio;

9) Divorzio o annullamento del matrimonio ottenuto all’estero dall’altro coniuge o nuovo matrimonio da lui contratto all’estero;

10) Passaggio in giudicato di sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge n. 164/1982;

11) Sussistenza della sentenza passata in giudicato che ha pronunciato la separazione giudiziale o del provvedimento di omologazione della separazione consensuale, con decorso dei tre anni dalla comparizione delle parti dinanzi al presidente del tribunale. La separazione deve essersi protratta ininterrottamente;

12) Separazione di fatto iniziata almeno due anni prima del 18.02.1970 e protrattasi per almeno tre anni a decorrere dal momento in cui è cessata la convivenza.

Lo scioglimento del matrimonio comporta naturalmente il prodursi di effetti sia personali sia patrimoniali.

Dunque vengono meno i doveri coniugali ed i coniugi riacquistano lo stato libero, risultando così liberi di contrarre nuove nozze. Con riguardo ai rapporti tra genitori e figli si applicano le norme vigenti in tema si separazione (con riguardo all’affidamento, al mantenimento ed all’esercizio della potestà). Per quanto attiene poi gli effetti patrimoniali, l’elemento di maggior spicco è certamente l’assegno post-matrimoniale o divorzile: invero, nel caso in cui uno dei coniugi, a seguito dello scioglimento del matrimonio, non sia in grado di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, potrà allora vedersi assegnato dal giudice un assegno post-marimoniale. Presupposto è dunque l’inadeguatezza delle risorse economiche del coniuge richiedente. Altri effetti attengono il diritto di abitazione sulla casa familiare, diritti previdenziali e successori. Senza trascurare che, in base all’art. 12 bis della L. 898/70, il coniuge nei cui confronti sia stata pronunziata sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, sempre che sussistano alcuni presupposti (non ha contratto nuove nozze), ad una percentuale della indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

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